Quando le donne non erano considerate valide scrittrici
Molte autrici, soprattutto nel XIX secolo, hanno dovuto usare pseudonimi maschili per aggirare i pregiudizi di genere, per riuscire a pubblicare le proprie opere o per ottenere rispetto e riconoscimento.
Queste donne hanno aperto la strada a molte altre e dimostrato come il talento letterario possa emergere nonostante i limiti culturali. La scelta dello pseudonimo fu spesso un atto di ribellione e ingegno che permise loro di essere lette e apprezzate senza pregiudizi.
In un mondo dominato da figure maschili, anche la letteratura risentì molto dell’influenza dei pregiudizi nei confronti delle autrici, considerate inferiori e di scarsa levatura.
Ma il tempo ha evidenziato che il talento non appartiene solo al genere maschile, anzi. Molte donne hanno dato un contributo talmente importante (soprattutto nel campo della ricerca) che non di rado sono state defraudate dei loro successi.
Ecco di seguito alcune autrici che sono diventate famose nonostante fossero donne.
1. Amantine Lucile Aurore Dupin
Pseudonimo: George Sand
Opere principali: Indiana (1832), Lélia (1833), Consuelo (1842–43).
Amantine Lucile Aurore Dupin fu una delle scrittrici più controverse del suo tempo. Dovette usare uno pseudonimo maschile sia per ottenere rispetto nell’ambiente letterario, sia per esprimere idee radicali e anticonformiste.
2. Charlotte, Emily e Anne Brontë
Pseudonimi: Currer, Ellis e Acton Bell
Opere principali:
– Jane Eyre (1847) di Charlotte Brontë, come Currer Bell.
– Cime tempestose (1847) di Emily Brontë, come Ellis Bell.
– Agnes Grey (1847) di Anne Brontë, come Acton Bell.
Le sorelle Brontë pubblicarono i loro romanzi con pseudonimi maschili per evitare che venissero sottovalutati o rifiutati a causa del loro genere. In seguito, i loro romanzi divennero dei classici della letteratura inglese.
3. Mary Ann Evans
Pseudonimo: George Eliot
Opere principali: Adam Bede (1859), Il mulino sulla Floss (1860), Middlemarch (1871–72).
Mary Ann Evans fu costretta a firmare le sue opere come George Eliot per sfuggire agli stereotipi legati alle scrittrici dell’epoca, spesso viste come autrici di romanzi leggeri, insignificanti o romantici. Voleva essere considerata una romanziera seria, ma non aveva altro modo per farlo, se non adottare uno pseudonimo maschile.
4. Cecilia Böhl de Faber y Larrea
Pseudonimo: Fernán Caballero
Opera principale: La Gaviota (1849).
Cecilia Böhl de Faber, di origini spagnole e tedesche, usò il nome maschile di Fernán Caballero per superare i pregiudizi spagnoli, particolarmente resistenti, nei confronti delle scrittrici.
5. Karen Blixen
Pseudonimo: Isak Dinesen
Opere principali: La mia Africa (1937), Racconti gotici (1934).
La scrittrice danese dovette usare un nome maschile per ottenere maggiore libertà di espressione e attirare il pubblico internazionale, anche se più tardi fu riconosciuta con il suo vero nome.
6. Alice Bradley Sheldon
Pseudonimo: James Tiptree Jr.
Opere principali: Houston, Houston, do you read? (1976), Her Smoke Rose Up Forever (1990).
Sheldon, scrittrice di fantascienza, usò un nome maschile poiché sapeva che l’essere donna avrebbe influenzato la percezione dei suoi lavori, soprattutto nel genere fantascienza, dominato dagli uomini.
7. Louisa May Alcott
Pseudonimo: A. M. Barnard
Opere principali: A Long Fatal Love Chase (1866), Racconti gotici e Storie di suspense.
Louisa May Alcott, più conosciuta per Piccole donne, utilizzò uno pseudonimo maschile per scrivere storie più oscure e drammatiche, spesso pubblicate su riviste.
8. J. K. Rowling
Pseudonimo: Robert Galbraith
Opera principale: Il richiamo del cuculo (2013), pubblicato con pseudonimo maschile.
Anche se meno motivata dai pregiudizi di genere, J. K. Rowling decise di pubblicare i suoi romanzi polizieschi con uno pseudonimo maschile per separare queste opere dalla fama di Harry Potter e ricevere critiche non influenzate dalla sua notorietà.